RECENSIONE CONSOLAZIONE

19:35

CONSOLAZIONE * Michele orti Manara * Rizzoli editore * pagg. 272


 



In principio fu il Brivido, un violento terremoto che all'inizio del secolo scorso fece crollare la montagna e risorgere la creatura che vi era stata imprigionata molto tempo prima. Cinquant'anni dopo, il piccolo paese di Roccasa vive ancora nell'ombra di quella maledizione, che scatena terribili pulsioni negli uomini e ha ridotto le donne a una dolente rassegnazione. A combatterla è rimasta la sola stirpe delle sarachìe, che tramandano di madre in figlia il segreto per consolare e guarire le compaesane. La piccola Teresa è una di loro, e presto dovrà abbandonare l'infanzia per abbracciare il suo destino. Michele Orti Manara compone in queste pagine un intreccio avvolgente, in cui convivono religione e folklore, romanzo di formazione e favola dark, echi del passato e temi attuali. Una storia spietata in cui nessuno, proprio nessuno, può dirsi al sicuro.


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Roccasa è un paesino di poche anime dominato dallo sguardo del Monte Severo.

Una comunità chiusa, diffidente, che non ama stringere legami con chi, in quella comunità non vi è nato.

"Roccasa è come racchiusa in un bozzolo, delicato ed elastico insieme e che, tentare di violarlo, da dentro o da fuori non fa differenza, è una pessima idea."

Il monte Severo non è l'unico a dominare il paese. Vi è una maledizione che, come una cupola trasparente chiude Roccasa, isolandola dal resto del mondo e che ha radici in un evento risalente all'inizio del '900: un terremoto che ha fatto crollare la montagna. Gli uomini adulti, all'imbrunire, iniziano a diventare violenti mentre le donne manifestano una supina accettazione.

Attorno a questi eventi, si definisce nel corso del tempo, una figura, la sarachia (termine inventato dall'autore) che mira a sollevare le donne dalle conseguenze delle aggressioni subite. "Una figura a metà strada tra strega e sacerdotessa e risalente a culti che nessuno celebra da mezzo secolo".

Michele Orti Manara ci fa conoscere questo culto presentandoci Nives e Teresa, sua figlia, appartenenti rispettivamente alla terza e quarta generazione di queste donne arrivate a perfezionare la liturgia della "Consolazione" con tentativi consumati nel tempo. 

Se dal punto di vista spaziale la storia si sviluppa in unico luogo, dal punto di vista temporale ci troviamo dinanzi a degli sfasamenti temporali che jirano a far comprendere meglio la natura, le radici della maledizione e dei riti ancestrali posti per arginare i suoi effetti deleteri. 

La penna dell'autore è una di quelle che attira e coinvolge. È una scrittura sensoriale con quell'odore di bruciato, di bosco, che aleggia perennemente nell'aria di Roccasa, ma scorrendo le righe si respira anche paura. Paura di un tempo, di un luogo da cui sembra di non poter uscire più: "A Teresa sembra di vivere in un eterno presente e che la sostanza delle cose non muti mai".

Per quel forte rapporto che lega tra loro gli abitanti di Roccasa il romanzo può essere definito corale: "Sono tutti pezzi di una diga, che serve a tenere a freno qualcosa che altrimenti ci potrebbe distruggere".

Il romanzo è una lotta tra forze contrapposte, religione e folklore, maledizioni da far rimanere sotto terra e desiderio di far emergere la verità con la conquista della libertà. Quest'ultima dicotomia è rappresentata anche da quelli che sono i luoghi dove si raduna la gente di Roccasa: il campanile e il pozzo. 

Due simboli fondamentali nelle vicende del paesino. 

Mi sarebbe piaciuto un finale più sviluppato, mi è sembrato un po' frettoloso,. Avrei apprezzato un approfondimento sulla trasformazione di Teresa.  A parte ciò, il romanzo è consigliato perché con la sua prosa molto olfattiva e concreta allo stesso tempo, legata alla terra, alla natura, all'ambiente, alla storia, al passato, ci troviamo a leggere di temi purtroppo, più attuali che mai. 


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