RECENSIONE LA SALITA DEI GIGANTI

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LA SALITA DEI GIGANTI. La saga dei Menabrea  * Francesco Casolo * Feltrinelli editore * pagg. 416  




La Belle Époque è alle porte e il cinema sta per essere inventato quando, il 29 agosto 1882, Carlo Menabrea organizza un sontuoso ricevimento per festeggiare l’acquisto di un castello poco lontano da Biella. Nessuno in città ha intenzione di perdersi l’evento, ma pochi sanno che l’origine di tanta fortuna risiede in una scommessa fatta trent’anni prima: il padre di Carlo, Giuseppe, walser di Gressoney, che come i suoi antenati valicava a piedi i ghiacciai per commerciare lana e prodotti di artigianato in Svizzera, ha deciso di puntare tutto su una bevanda, la birra. Quando nel cielo sopra il castello esplodono i fuochi d’artificio che illuminano il cortile a giorno e si riflettono sul volto di Carlo, anche la sua secondogenita Eugenia, che tutti chiamano Genia, avrebbe qualcosa da domandargli: perché, qualche settimana prima, ha insistito perché fosse lei, e non le sue sorelle, ad accompagnarlo in montagna? E perché, raggiunta la vetta, al cospetto dei Giganti del Monte Rosa, ha tanto voluto che lei, a soli sei anni, assaggiasse la birra?


Fra amori, gelosie, gloria e cadute – e un destino che, come una valanga, colpisce sempre nello stesso punto –, solo più tardi Genia intuirà quello che suo padre non aveva osato dirle: quel sorso di birra era un rito iniziatico. È lei la prescelta, l’erede designata per portare avanti la tradizione di famiglia, anche se nessuno vuole fare affari con una donna. Per riuscirci Genia dovrà, con l’aiuto della madre, diventare un Gigante, come suo padre e suo nonno e come le montagne ai piedi delle quali sono cresciuti tutti loro.


Grazie a un accurato lavoro di ricerca, Francesco Casolo ha costruito un’appassionante saga familiare, epica e intima al tempo stesso, in cui le donne si ritagliano il proprio spazio nella storia con determinazione e coraggio.


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Fine '800.

Il cinema inizia a fare la sua comparsa insieme al telefono così come la lampadina elettrica .

In un contesto di cambiamenti importanti frutto anche dello sprint dato da una rivoluzione industriale che si era chiusa relativamente da poco, vediamo tessere le fila di una famiglia che si muove tra Gressoney e Biella, definita la Manchester italiana per l'importante industria tessile in essa insediata.

La famiglia è quella dei Menabrea.

Anch'essa come molte altre della zona commerciava lana e prodotti artigianali fino a quando Giuseppe Menabrea vide nella produzione della birra, un'occasione per crescere economicamente. 

Da questa visione prospettica nascerà la fortuna dei Menabrea grazie alla consegna poi, delle redini nelle mani di Carlo, figlio di Giuseppe. 

Francesco Casolo, l'autore, si ritrova in mano diari e lettere della secondogenita, Eugenia, detta Genia. Dai suoi occhi assisteremo all'ascesa della famiglia, grazie ad un lavoro accurato e studio approfondito dello scrittore. 

La scrittura fluida, semplice ci narra della vita dei Menabrea e in particolare di Genia, ricca di amore per la famiglia, per la propria terra e per le proprie radici.

Genia, bambina, ragazza e poi donna che ai primi interrogativi sul suo destino, vedrà seguire scenari con orizzonti sempre più definiti.

La sua vita  e dei suoi cari sarà costellata da eventi spiacevoli, ma sono proprio questi ad aver fatto diventare forte i Menabrea. Così forti, ma mai chiusi ai cambiamenti e non solo per opportunità economiche. Anzi, Casolo sottolinea come l'apertura al mondo e all'innovazione era dettata anche dalla voglia di far gustare ai propri cari, ai concittadini, una bevanda che avesse fatto brillare gli occhi per il suo gusto unico.

Anche il loro notevole contributo allo sviluppo delle vie di comunicazione tra Svizzera e Italia non è stato solo frutto di una ricerca di accessi più facili per commerciare. Alla base c'era sempre un obiettivo: vedere avvicinare cuori lontani. Ho apprezzato il non omettere, da parte di Casolo, i difetti di Genia depurandola così da un'eccessiva connotazione di donna perfetta che stava assumendo nella storia. 

Certo è che da sempre, in qualsiasi sua espressione si avverte quel profondo legame indissolubile con il padre Carlo, suo grande e unico punti di riferimento.

Con il proseguire della lettura capiremo che i Giganti non sono solo le vette del Monte Rosa. I Giganti sono coloro i quali non si fermano al presente, non si fanno carico del passato che diventa zavorra, ma lo trasformano in fondamenta su cui costruire il futuro. 

Una storia che, per la sua natura intrinseca e per la scrittura con cui è stata narrata si presta, secondo me, alla trasposizione su pellicola. 

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